Risarcimento per espropri: lancette indietro!
Per varie ragioni, in passato è accaduto talvolta che la Pubblica Amministrazione occupasse i terreni di privati in vista della realizzazione di opere pubbliche, che poi trasformasse definitivamente detti suoli, e persino che pagasse ai proprietari le indennità di legge (occupazione e/o espropriazione).
Tutto questo, però, senza adottare il provvedimento conclusivo di esproprio (e neppure acquisire la proprietà dei suoli d’intesa con gli originari proprietari).
Alla luce della giurisprudenza ormai consolidata (CGUE, Cassazione, Consiglio di Stato), una situazione del genere rappresenta un illecito permanente, inidoneo a trasferire la proprietà in capo alla PA.
Gli originari proprietari dei terreni (o i loro aventi causa, come gli eredi, ad esempio) possono agire per la restituzione dei suoli e per il risarcimento dei danni.
La PA può scegliere di restituire i terreni (che potrebbero anche essere edificabili), previo ripristino dei luoghi, e risarcire i danni per il periodo di illegittima occupazione (c’è però la prescrizione quinquennale di cui tenere conto), oppure procedere alla c.d. “acquisizione sanante”, tenendosi l’opera pubblica realizzata, ma pagando il valore venale dell’immobile, oltre ad un pregiudizio non patrimoniale (10% del valore venale), il tutto con gli interessi del 5% annuo a partire dalla data dell’occupazione (senza prescrizione, in questo caso).
Gli interessati, però, devono agire entro il 30.06.2023. Oltre questa data potrebbe perfezionarsi l’usucapione ventennale in favore della PA. Non è sufficiente fare una raccomandata o una PEC per interrompere la prescrizione. Occorre agire in giudizio.
A tali fini resta irrilevante che la vicenda sia molto risalente nel tempo; che l’opera sia stata realizzata e/o che venga utilizzata; che si tratti di occupazione usurpativa oppure acquisitiva; che venga eccepita la rinuncia abdicativa; che vi siano stati, o no, provvedimenti dichiarativi della pubblica utilità e/o di occupazione dei suoli; che i lavori si siano conclusi prima o dopo la scadenza dei termini previsti per la fine delle espropriazioni e/o dei lavori; che siano state pagate, o no, le indennità di occupazione e/o di esproprio (le somme però andranno detratte dal risarcimento ottenuto).
L’unica cosa che conta, ai fini della tutela dei diritti degli originari “espropriati”, è che non ci sia stato il provvedimento di esproprio vero e proprio.
Avv. Marco Palieri