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Le “vittime” sono tutte uguali

Avv. Marco Palieri
Vittime del dovere

Le “vittime” sono tutte uguali

L’ordinamento italiano definisce le vittime del dovere come quella categoria di soggetti, operatori di polizia e altri dipendenti pubblici, deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio, o nell’espletamento delle funzioni di istituto, per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

  • nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
  • nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
  • nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
  • in operazioni di soccorso;
  • in attività di prevenzione e di repressione dei reati.

Sono considerati vittime del dovere anche coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali o operative.

Il ministero dell’Interno provvede al riconoscimento dello status di vittima del dovere per gli appartenenti alle diverse categorie delle forze armate.

Nel settore di riferimento, numerose sono le disposizioni normative che si sono susseguite nel tempo. In generale, il Legislatore ha previsto una serie di benefici alla categoria in esame.

A titolo puramente esemplificativo, si richiamano solo alcuni di questi benefici: assunzione per chiamata diretta, assegnazione di speciali elargizioni, di benefici pensionistici e di vitalizi; tra quest’ultima categoria rientra la corresponsione dell’assegno mensile pari ad € 258,23, di cui all’art. 4, comma 1, lett. b), n. 1, del d.P.R. n. 243 del 2006

In tale ambito, un’importante novità è stata introdotta dalla Legge n. 350 del 24 dicembre 2003, secondo cui dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell’assegno vitalizio di cui all’art. 2 della Legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati ad € 500 mensili (art. 4, comma 238).

Il Legislatore ha previsto così un aumento della somma del beneficio, che da € 258,23 è passata ad € 500.

La Legge finanziaria (Legge n. 350/2003, art. 4, comma 238) richiama esplicitamente solo un’altra fonte normativa, la L. n. 407 del 1998. Tale ultima disposizione disciplina le “Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”.

Secondo un’interpretazione restrittiva della norma, il richiamo esclusivo alla L. 407/1998 manifesterebbe la volontà legislativa di aumentare il quantum del beneficio economico solo alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Se così fosse, sarebbe del tutto evidente la disparità di trattamento con riferimento alle vittime del dovere. Infatti, secondo tale impostazione non sarebbe possibile applicare la perequazione automatica dell’assegno vitalizio a tutte le “vittime” ma solo ad alcune di esse.

Tale manifesta iniquità è stata la causa di diverse controversie promosse dalle vittime del dovere per veder loro riconosciuto l’aumento dell’assegno vitalizio.

Noi per primi abbiamo curato gli interessi di alcuni soggetti appartenenti alla categoria delle vittime del dovere che non avevano ottenuto la perequazione della somma di denaro.

Con riferimento ad un caso specifico da noi trattato, la parte chiedeva al Ministero dell’Interno la rideterminazione dell’assegno (in € 500,00) in conformità di quanto previsto dall’articolo 4, comma 238, della Legge n. 350 del 2003. Il Ministero riteneva di non poter accogliere tale istanza. Gli atti difensivi evidenziavano come alla base del provvedimento di rigetto da parte dell’Amministrazione vi era un’interpretazione ormai superata della normativa in favore delle vittime del terrorismo. Il T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, in adesione ad una nutrita giurisprudenza, ha accolto la domanda da noi presentata nell’interesse del ricorrente – vittima del dovere.

Assai recentemente, una sentenza della Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha definitivamente sancito che l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile previsto in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad esse equiparati è uguale a quello dell’analogo assegno attribuibile alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, essendo la legislazione primaria in materia permeata da un simile intento perequativo ed essendo tale conclusione l’unica conforme al principio di razionalità-equità di cui all’articolo 3 della Costituzione, come risulta dal “diritto vivente” rappresentato dalla costante giurisprudenza amministrativa ed ordinaria.

Avv. Marco Palieri

Dr.ssa Gilda Caldarelli


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