I trasferimenti immobiliari negli accordi di separazione consensuale: una questione che si riaccende
Si deve all’impugnazione proposta da uno dei due coniugi avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Ancora nel 2017, l’aver riaperto la questione circa l’efficacia dei trasferimenti immobiliari all’interno degli accordi di separazione consensuale.
I giudici della Corte, conformemente a quello che è l’orientamento prevalente in giurisprudenza, hanno infatti affermato che la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciata su ricorso congiunto delle parti, non può contenere una clausola con la quale si attui un trasferimento immobiliare, ma soltanto l’impegno preliminare di vendita o di acquisto. In questo modo è stata esclusa efficacia reale all’accordo assunto dalle parti in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed è stata attribuita valenza di impegno preliminare al successivo adempimento.
Già nel 2013 il Tribunale di Milano aveva elaborato un indirizzo, poi avvalorato anche dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le pattuizioni in commento hanno mera efficacia obbligatoria con la conseguente necessità di provvedere con successivo atto pubblico all’attuazione del trasferimento.
Difatti lo strumento del trasferimento del diritto reale attuato direttamente dalle parti differisce profondamente dall’atto pubblico redatto dal notaio ed inoltre il D.L. n.78 del 2010, art.19, comma 14, impone a pena di nullità dell’atto una serie di precise indicazioni tra cui l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto nonché la dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
Per queste ragioni, è risultato necessario attribuire in via esclusiva ai notai il compito di procedere, nella stesura degli atti traslativi, alle dovute verifiche catastali.
Ne consegue che il controllo del notaio non potrà essere in alcun modo sostituito da quello del giudice della separazione sia per la diversità di ruoli e funzioni ricoperti da suddetti soggetti sia per la totale mancanza nel procedimento di separazione delle garanzie del rispetto della normativa urbanistica e tributaria.
Alla luce di questa impostazione vi è dunque la necessità per le parti di ricorrere alla tecnica obbligatoria e non quella dell’efficacia reale. I coniugi che, in sede di separazione consensuale, vorranno provvedere al trasferimento di beni immobili dovranno dunque necessariamente farsi assistere da un notaio, il quale provvederà ad eseguire tutti gli accertamenti catastali e redigerà un atto pubblico che sarà funzionale all’attuazione del trasferimento stesso.
In maniera conforme con questo convincente orientamento anche la Suprema Corte ha affermato la necessità dell’intervento del notaio in considerazione del fatto che solo l’assistenza di quest’ultimo può assicurare il rispetto delle prescrizioni imposte dall’art.19, D.L. 78/2010.
L’efficacia di suddetti trasferimenti sembrava quindi aver trovato un definitivo inquadramento.
Ciononostante, a seguito della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Ancona, la questione è stata nuovamente presentata al vaglio della Corte di Cassazione che ha, a sua volta, passato la palla alle Sezioni Unite, con pronuncia resa il 10 Febbraio 2020 (n.3089).
Le Sezioni Unite confermeranno la natura obbligatoria dei trasferimenti immobiliari o ribalteranno l’attuale disciplina in vigore? Rimaniamo in attesa della pronuncia.
Avv. Michele Esposito