Sei un autoferrotramviere posto in quiescenza? Sei certo che nel trattamento di fine rapporto hai percepito tutto quanto di tua spettanza?
Preambolo
L’indennità di buona uscita si calcola su ogni voce retributiva fissa e continuativa.
Salvo che la contrattazione collettiva non vi deroghi espressamente, puntualmente ed analiticamente.
La questione
Per il periodo anteriore all’entrata in vigore della legge 29 maggio 1982 n. 297, l’indennità di buonuscita dovuta agli autoferrotranvieri doveva (Trib Bari Sentenza n. 5526/2015) essere liquidata includendo nella base di computo ogni emolumento fisso e continuativo in conformità al principio dell’onnicomprensività della base stessa secondo i criteri fissati dal vecchio testo degli artt.2120 e 2121 cod. civ.; mentre, a partire dal 1° giugno 1982, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto ha trovato applicazione il nuovo testo di cui all’art. 2120 cod. civ. (cfr. Cass., Ord. n. 25904/10).
Ne discende la nullità, ai sensi del citato art. 2121 e dell’art.1419 cod. civ., di clausole contrattuali che escludano espressamente la computabilità di indennità corrisposte in maniera continuativa o che adottino una nozione di retribuzione non comprensiva di emolumenti percepiti in maniera continuativa, come il compenso per lavoro straordinario continuativo, il quale è computabile anche ai fini del T.F.R. per il periodo successivo al 31 maggio 1982 dovendo, per un verso, escludersi che le clausole collettive nulle, per contrarietà al principio di onnicomprensività di cui all’art.2121 (vecchio testo) cod. civ., possano rivivere nel contesto normativo introdotto dalla stessa legge n.297 del 1982 e, per altro verso, ritenersi che una eventuale deroga al predetto principio di onnicomprensività da parte di contratti o accordi collettivi successivi all’entrata in vigore della legge n.297 del 1982 debba essere espressamente prevista (cfr. SS. UU. Cass., Sent. n. 26096/07) ovvero che, in caso di richiamo a clausole di contratti previgenti che prevedevano tale deroga, le clausole richiamate debbano essere riformulate con l’esplicita menzione della conoscenza della preesistente nullità (cfr. Cass., Sez. Lav., Sent. n. 5624/00).
Per l’indennità c.d. di presenza giornaliera (di L. 570) per ogni effettiva giornata di lavoro (di cui al punto 2 dell’Accordo Nazionale del 1981) e per quella di turni avvicendati, l’accordo nazionale 21.05.1981 si premura di stabilire che tali indennità non saranno considerate utili agli effetti “di alcun altro istituto o materia previsti dal contratto nazionale o da accordo o da contratti aziendali e neanche quindi ai fini dei trattamenti di buonuscita e di tredicesima e quattordicesima mensilità”. Trattasi di previsioni ante 1982 incidenti pacificamente su emolumenti erogati in via continuativa e/o non occasionale sicché le deroghe in parola, per tutto quanto sopra esposto, vanno senza dubbio reputate prive di efficacia giuridica. Successivamente (con riferimento alle clausole contrattuali post 1982) le indennità in parola nonché l’indennità di recupero produttività sono state disciplinate dagli accordi aziendali del 24/05/1986, del 02/06/1988 e del 28/01/1992 che si sono sempre limitati a prevedere, con una sorta di clausola di stile, che gli importi in parola “non potranno comportare oneri riflessi sugli istituti contrattuali e di legge vigenti”. Per cui si richiama, nella sostanza, la clausola, sopra esaminata, dell’accordo nazionale del 21/05/1981 (così Trib. Bari, Sent. 24/10/2011, est. Napoliello) utilizzando una locuzione di stile sostanzialmente ripetitiva di quella precedente ma del tutto generica, priva di qualsivoglia accenno alla consapevolezza della preesistente nullità (cfr. Cass., Sent. n. 6539/88; Cass., Sez. Lav., Sent. n. 5595/94; nonché Cass., Sez. Lav., Sent. n. 4872/95 che ha confermato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto, ai fini in questione, il diritto al computo: del compenso per lavoro straordinario che, se pur non necessariamente obbligatorio, abbia le connotazioni della continuità, anche se desunta con valutazione “ex post”; del compenso del cosiddetto straordinario di turno previsto dall’accordo aziendale). In secondo luogo, rispetto al lavoro straordinario, deve darsi atto dell’esistenza di un condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo il quale (cfr. Cass., Sez. Lav., n.20246 del 13/10/2004; ma anche Cass., Sez. Lav., Sent. n.10172/04; Cass., Sez. Lav., Sent. n.13466/04; Cass., Sez. Lav., Sent. n.12944/04; Cass., Sez. Lav., Sent. n.12788/05) il carattere costante e sistematico dello straordinario postula una verificata regolarità o frequenza o periodicità della prestazione ed una ragionata esclusione dei caratteri di occasionalità, transitorietà o saltuarietà (vd. Cass., Sent. n.1211/01) e il suo ripetersi con costanza ed uniformità “per un apprezzabile periodo di tempo”, così da divenire abituale nel quadro dell’organizzazione del lavoro perché funzionale al normale fabbisogno dell’impresa (cfr. Cass., Sent. n. 9267/95) dovendo escludersi, per contro, qualsivoglia assimilazione della nozione di continuità delle prestazioni lavorative all’assenza di intervalli, peraltro del tutto fisiologici nell’ambito di un’attività quale quella in esame.







