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Reato e procedimento disciplinare nel pubblico impiego

Avv. Laura Lieggi

Reato e procedimento disciplinare nel pubblico impiego

Nel pubblico impiego, come nel privato, il procedimento disciplinare, instaurato contro il dipendente per una infrazione commessa, può concludersi con una sanzione che può essere definitiva o non. L’art. 55-quater del D.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 69 del D.lgs. 150/2009, riportano al principio secondo il quale, oltre alle motivazioni che prevedono il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo, e salvo ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, la sanzione disciplinare del licenziamento è prevista, in maniera riassuntiva ma non esaustiva, anche nelle seguenti ipotesi: per falsa attestazione della presenza di servizio; per l’assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiori a tre nell’arco di un biennio; per l’ingiustificato rifiuto al trasferimento disposto dalla amministrazione; per falsità documentale dichiarative commesse ai fini della instaurazione di un rapporto di lavoro; per la reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive, moleste, minacciose ed ingiuriose; una condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ovvero l’estinzione determinata del rapporto di lavoro. Quest’ultima ipotesi non risulta di facile applicazione.

Il contratto collettivo nazionale non spiega nel dettaglio quelle che possono essere le conseguenze dell’instaurazione di un procedimento penale e della sanzione legata alla eventuale assoluzione con formula piena o nel caso in cui il reato, per il lungo procedere del tempo, si sia prescritto. Difatti, giurisprudenza costante riporta, ormai in maniera granitica, il principio secondo il quale il procedimento disciplinare può discostarsi dalla risultanza processuale nell’ambito della responsabilità penale.

L’assoluzione con formula piena non sempre comporta la cancellazione del procedimento disciplinare o dell’applicazione della sanzione derivata. Al tempo stesso, non può ritenersi ictu oculi che la prescrizione del reato ascritto al dipendente possa comportare, dal punto di vista disciplinare, la eliminazione del procedimento stesso o la cancellazione della sanzione derivante. Difatti, nonostante le pronunce del Giudicante possano essere favorevoli al dipendente, nel caso della prescrizione del reato o nel caso di una assoluzione, anche con formula piena, l’amministrazione può sempre e comunque trarre dagli atti del procedimento penale argomenti utili all’esame della condotta del dipendente. In tal senso, vi dovrebbe essere una sorta di comunicazione tra la pubblica amministrazione e la Procura della Repubblica e l’autorità giudicante, che dovrebbero trasmettere gli atti all’amministrazione affinché quest’ultima possa valutare la condotta posta in essere dal dipendente. Durante il corso del processo possono emergere atti e comportamenti, che sebbene non siano perseguibili penalmente, possano ugualmente rientrare fra gli atti che il pubblico dipendente non deve porre in essere affinché non venga meno la fiducia datoriale nei suoi confronti. Difatti, sovente, si realizza che, a fronte di una sentenza di assoluzione, l’amministrazione, a propria discrezionalità, fa salvo il procedimento disciplinare e questo stesso si conclude con una sanzione di tipo conservativo, escludendo così il licenziamento.

Discorso simile si deve attribuire alla prescrizione del reato, in quanto, qualora il processo si interrompa per l’avvenuta prescrizione del reato ascritto al pubblico dipendente, l’amministrazione può ugualmente trarre dagli atti di causa elementi utili per capire il tipo di infrazione che è stata commessa dal dipendente e, quindi, derivare da questi stessi elementi le conseguenze utili al procedimento disciplinare attraverso l’applicazione della sanzione, che potrebbe anche essere di tipo definitivo.

In conclusione, il pubblico dipendente che, a seguito di un procedimento penale ottiene una sentenza di assoluzione, potrebbe, a discrezione della amministrazione, o vedersi interrompere il procedimento disciplinare, o subire ugualmente lo stesso, il quale potrebbe concludersi con una sanzione di tipo conservativo (e, quindi, di entità anche notevolmente inferiore al licenziamento). Mentre, nel caso di procedimenti penali interrotti a causa dell’intervento della prescrizione, nella maggioranza dei casi, il procedimento disciplinare, sempre a discrezione dell’amministrazione, permane e può o concludersi con la sanzione definitiva del licenziamento oppure con sanzioni di tipo non definitivo. Appare chiaro aggiungere che, nel caso in cui intervenga una sentenza di assoluzione o di interruzione del processo penale per intervenuta prescrizione, qualora il procedimento disciplinare instaurato discrezionalmente si concluda con una sanzione, questa potrà sempre essere impugnata se carente dei requisiti previsti per legge e soprattutto quando appare sproporzionata rispetto ai fatti addebitati. A ciò aggiungasi che il pubblico dipendente potrà comunque impugnare la sanzione anche a seguito di sentenza di condanna definitiva o negli altri casi previsti, anche quando l’amministrazione non abbia rispettato i termini perentori del procedimento disciplinare e della afflizione della sanzione.


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