Specializzandi in medicina: il diritto alla remunerazione e la sua prescrizione
Preambolo
Una delle questioni più dibattute degli ultimi anni che rende evidente l’incidenza del diritto unionale sull’ordinamento giuridico interno ha ad oggetto la problematica della remunerazione dei medici frequentanti i corsi di specializzazione.
La questione
La vexata quaestio nasceva dalla mancata attuazione da parte dello Stato italiano, al termine del 31.12.1982, delle disposizioni contenute nelle direttive europee nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, concernenti le modalità e condizioni della specializzazione in medicina ed il riconoscimento di un’adeguata remunerazione per i laureati regolarmente iscritti e frequentanti, a tempo pieno o parziale, di uno dei prescritti corsi.
Lo Stato provvedeva a tale obbligo soltanto col D.Lgs. n. 257/1991, limitando, peraltro, la portata applicativa della riforma, e pertanto il beneficio remunerativo delle borse di studio (che ammontava a £ 21.500.000 annui), ai soli medici specializzandi immatricolati ai predetti corsi dall’A.A. 1991/1992.
In particolare, mentre il decreto del 1991 introduceva all’art. 6 le borse di studio per gli ammessi alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno 1991, la Legge n. 370 del 1999 all’art. 11 prevedeva l’attribuzione di una borsa di studio annua onnicomprensiva di lire 13.000.000 agli specializzandi in medicina già ammessi alle scuole di specializzazione negli anni accademici decorrenti dal 1983 al 1991 e destinatari di giudicati favorevoli del TAR Lazio.
Tale parziale, oltre che tardiva attuazione della normativa comunitaria aveva creato un discrimine sia tra i medici specializzandi – e specializzati – regolarmente beneficiari degli interventi normativi del 1991 e del 1999 che tra i medici che risultavano iscritti ai corsi a partire dall’anno 1983, ossia il momento della maturazione del diritto alla borsa di studio, coincidente, con la scadenza del termine assegnato dalla dir. 82/76/CE agli Stati membri per adempiere all’armonizzazione legislativa (01.01.1983), o che avessero terminato il percorso specialistico nel 1991, prima dell’ingresso e vigenza del D.Lgs. n. 257, e che non fossero destinatari di sentenze di accoglimento, passate in giudicato, da parte del TAR Lazio.
Si è così originato un contenzioso di vasta portata, che coinvolge le Università e le Amministrazioni statali. La Corte Europea ha precisato che tale obbligo di remunerazione dei medici frequentanti i predetti corsi dovesse essere ritenuto direttamente efficace non solo per la formazione a tempo pieno, ma anche per quella a tempo parziale (sent. 3 ottobre 2000, causa C – 371/97), rimarcando la illegittimità della condotta dello Stato.
Il diritto all’indennizzo per l’inadempimento statale non è solo conseguenza della tardiva attuazione della relative direttive europee, ma anche per la mancata, definitiva attuazione delle stesse, nei confronti dei medici specializzati fino al 1991 ed esclusi dal decreto 257, e successivamente dalla legge 390 del 1999, generando un ulteriore inadempimento, prima nel 1991, poi nel 1999, che ha dato origine alla pretesa risarcitoria, con l’effetto di una rinnovata decorrenza della prescrizione ordinaria decennale (art. 2046 c.c.).
Il diritto al risarcimento del danno da mancata adeguata remunerazione della frequenza alla specializzazione per gli ammessi alle scuole negli anni è stato pertanto esteso anche ai soggetti iscritti ai corsi di specializzazione medica anteriormente all’introduzione della normativa interna.
Ad oggi, i soggetti che hanno frequentato i corsi di specializzazione medica previsti dalla normativa europea tardivamente o non correttamente recepiti nell’ordinamento interno hanno pertanto diritto a veder riconosciuto il risarcimento del danno determinato da tale comportamento omissivo del legislatore.
In buona sostanza per gli specializzandi per il periodo 1994-96, che vogliono far valere i loro diritti, devono proporre ricorso entro il termine del 2/11/2017 se vogliono evitare la prescrizione.







