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Danno alla salute da somministrazione di vaccini: tutele per il paziente (Parte 3 di 3) -Fase giurisdizionale e relativo risarcimento del danno-

Avv. Vittorio De Rosas - Avv. Liana Barracane - Dott.ssa Elena Sofia Macchia
risarcimento danni da vaccino

Danno alla salute da somministrazione di vaccini: tutele per il paziente (Parte 3 di 3) -Fase giurisdizionale e relativo risarcimento del danno-

Preambolo

La tutela economica del paziente nei rapporti con l’Amministrazione sanitaria è stata oggetto di rinnovato interesse, ciò in ragione del recente dibattito intorno al “decreto vaccini” (d.l. n. 73 del 7 giugno 2017), convertito con modifiche il 28 luglio 2017 e avente ad oggetto l’obbligatorietà di dieci vaccinazioni.

Le norme di riferimento

Articoli 1218, 1228, 2043 del Codice Civile; legge n. 24 dell’8 marzo 2017..

Giurisprudenza di riferimento

Cass. Civ. sent. n. 26972 dell’11 novembre 2008; Corte Cost. sent. n. 293 del 9 novembre 2011; Corte Cost. sent. n. 107 del 26 aprile 2012; Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sent. del 21 giugno 2017 in n. C-621/15; Cass. Civ. sent. n. 18358 del 25 luglio 2017.

La questione

La coercizione statale su questo specifico trattamento è uno strumento introdotto da oltre 50 anni e sulla cui costituzionalità si è espressa positivamente la Corte Costituzionale nelle sentenze n. 307/1990 e n. 258/1994, affermandosi la preminenza del diritto alla salute pubblica sull’autodeterminazione individuale, a condizione che il trattamento sanitario obbligatorio non danneggi l’integrità fisica del paziente che vi si sia sottoposto e, nel caso di danni eccezionali, siano disposte adeguate tutele remuneratorie. Nella prime due parti abbiamo affrontato le problematiche della tutela indennitaria; in questa terza parte si analizzerà il risarcimento del danno di natura prettamente civilistica.

Sotto tale profilo, gli stessi soggetti legittimati ai sensi della legge n. 210/1992 a richiedere l’assegno indennitario possono adire le vie giudiziarie, senz’alcuna preclusione dovuta all’eventuale beneficio dell’indennizzo, per ottenere il risarcimento del danno patito da vaccinazione.
La giurisprudenza è conforme nel riconoscere due distinte tipologie di responsabilità.
La prima, a carico del Ministero della Salute, per violazione degli obblighi istituzionali (ex legge n. 296 del 13 marzo 1958) di tutela della salute pubblica, che includono l’attività di farmacovigilanza e predisposizione di strumenti normativi idonei a un controllo quanto più possibilmente accurato nell’acquisto di tali prodotti.
La sanzionabilità dello Stato a sua volta postula 1) la prevedibilità degli effetti indesiderati e dannosi dei vaccini somministrati, parametrata sul grado di conoscenze scientifiche raggiunto al momento del trattamento; 2) il nesso eziologico tra danno e vaccino in sé, in quanto contenente eccipienti o componenti nocivi. Al Ministero sarà dunque addebitabile la violazione del principio del “neminem laedere”, per aver messo a disposizione della collettività un farmaco dannoso per la salute;
Il tipo di responsabilità configurabile sarà extracontrattuale, ex art. 2043 c.c.
La seconda, a carico del personale sanitario e/o dell’Azienda Ospedaliera, se il pregiudizio sia invece cagionato da interazioni tra il vaccino, in sé non pericoloso, e particolari condizioni cliniche del paziente. Il danno sarà imputabile ai citati soggetti per negligenza e imprudenza nell’operazione svolta.
Il tipo di responsabilità dell’ente ospedaliero sarà qualificabile a titolo di contatto sociale di protezione, dunque assimilabile al tipo contrattuale ex art. 1218 c.c. ed eventualmente art. 1228 c.c., in virtù del rapporto di assistenza instaurato col paziente (come affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione in sent. n. 26972 dell’11 novembre 2008 e confermato anche nella recente riforma Gelli, L. n. 24 dell’8 marzo 2017).
A sua volta, qualora la condotta dannosa fosse imputabile specificamente al personale sanitario materialmente operante, il regime sarebbe di responsabilità ex art. 2043, salvo espresso contratto instaurato tra il medico e il paziente, nel qual caso sarebbe assoggettata all’art. 1218 c.c..
La distinzione tra i titoli di responsabilità di questi soggetti ha immediate ricadute sul regime probatorio processuale.
Nelle cause instaurate contro il Ministero della Salute e l’operatore sanitario il paziente dovrà, ai sensi degli artt. 2043 e 2697 c.c., dimostrare tutti gli elementi della sua asserita responsabilità, oltre al danno, anche il nesso causale tra le somministrazioni e la patologia contratta.
Viceversa, contro l’Azienda Ospedaliera, il regime probatorio ex art. 1218 c.c. è più favorevole al paziente, dovendo lo stesso limitarsi a dimostrare il solo danno e l’avvenuto trattamento sanitario, restando pertanto a carico dell’Amministrazione sanitaria l’onere di dimostrare di aver predisposto tutte le cautele necessarie ai fini dell’operazione o l’assenza del nesso causale tra il trattamento vaccinale e il danno riportato dal paziente.
In entrambe le tipologie di contenziosi, assume rilievo dirimente la consulenza medico legale, per la diagnosi, oltre che della sussistenza del danno, anche dell’effettiva origine dello stesso.

Quanto ai requisiti della prova della connessione eziologica tra vaccino e patologia insorta, deve tuttavia evidenziarsi che, a recente parere della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (vedasi sentenza del 21 giugno 2017 in n. C-621/15), non sempre la scienza medica è in grado di fornire evidenze inconfutabili, così condizionando la decisività della prova stessa.
Ad ogni modo, per i giudici europei la prova ai fini risarcitori può essere raggiunta anche con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti, a condizione che tali indizi consentano al giudice nazionale di determinare l’andamento dei fatti oggetto di causa con un grado sufficientemente elevato di probabilità.
Resta fermo, per il danneggiato, l’onere di dimostrare non solo l’esistenza di tali indizi, ma anche la loro precisione e concordanza.
Per completezza, e solo per quanto attiene la patologia dell’autismo, merita segnalazione la recente sentenza della Cassazione Civile n. 18358 del 25 luglio 2017, secondo cui, allo stato delle attuali conoscenze a disposizione della comunità scientifica, non è possibile ravvisare una correlazione tra l’assunzione del vaccino anti-poliomelite Sabin e lo sviluppo della predetta patologia.

(Parte 1 di 3)

(Parte 2 di 3)


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