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L'assegno di mantenimento e la stabile relazione sentimentale dell'ex coniuge.

Avv. Liana Barracane
Stabile relazione sentimentale

L’assegno di mantenimento e la stabile relazione sentimentale dell’ex coniuge.

Il Tribunale di Bari, ponendosi in modo innovativo e progressista, assimila la convivenza -e gli effetti giuridici ad essa collegati in ordine al venir meno della contribuzione assistenziale e perequativa dell’ex coniuge- alla relazione sentimentale avente i requisiti della stabilità e comunanza di obiettivi. Nell’ambito di una visione più moderna delle dinamiche familiari, relazioni di tal fatta possono essere coltivate anche tra persone che vivono in luoghi assai distanti tra loro, senza che si possa perciò solo negare che il loro rapporto integri l’esistenza di una vera e propria famiglia di fatto.

La novella parte da una compiuta disamina del tracciato evolutivo sancito dalla Corte di Legittimità, la quale ha spiegato che, perché venga meno l’obbligo del mantenimento, è sufficiente provare che il nuovo rapporto di coppia costituito dall’avente diritto dia luogo ad una famiglia di fatto, caratterizzata dalla stabilità, tenendo conto che “… il quid pluris che conferisce carattere di affidabilità e stabilità alla famiglia di fatto è la sussistenza di un rapporto di coppia fondato non su investiture esterne, bensì su un consenso che si rinnova continuamente e rappresenta il fondamento ed il limite del rapporto stesso” (v., testualmente , Cass. Civ. Sez. I, 11/12/97-4/4/98 n. 3503).

Nelle sentenze della S. C. è quindi possibile cogliere una linea interpretativa evolutiva che riconosce pregnanza sempre maggiore alla convivenza more uxorio intesa come rapporto di coppia stabile. Si è così passati dal riconoscimento di una sua rilevanza solo limitata, che non escludeva automaticamente il diritto all’assegno del c.d. “coniuge debole” convivente con altro soggetto ma incideva solo sulla sua misura ( cfr. Cass. Civ., Sez. I, 30/10/96 n. 9505 e 22/11/2000 n. 15055), ad una rilevanza più ampia, dato che la convivenza stabile risulta ora idonea ad influire non solo sull’importo (quantum debeatur) ma sull’esistenza stessa del diritto (an debeatur) laddove “… dia luogo, in favore del coniuge richiedente l’assegno, a prestazioni di assistenza economica di tipo familiare da parte del convivente” (cfr., testualmente, Cass. Civ., Sez. I, 2/6/2000 n. 7328) e nei ristretti limiti in cui esplichi i suoi effetti “… sulle concrete condizioni di vita di detto coniuge, risolvendosi in una fonte effettiva e non aleatoria di reddito” (cfr., testualmente, Cass. Civ., Sez. I, 29/3/2001 n. 4586).  “la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore del coniuge ove questi abbia una stabile convivenza con un nuovo compagno, comporta il diritto dell’obbligato al vederne ridotta l’entità sino alla sua completa eliminazione (ex pluris: Cass.civ. n. 6855 del 03.04.2015; Cass.civ. n. 17195 del 11.08.2011; Cass.civ. n. 24056/2006).

In vero, il Tribunale di Bari (ordinanza Presidenziale del 04.04.2017) si spinge a ritenere che non rilevi nemmeno il fatto che il convivente more uxorio non abbia una situazione economico-reddituale florida e comunque tale da consentire al patner un tenore di vita assimilabile a quello goduto in precedenza durante il matrimonio, e ciò perchè la scelta di un compagno di vita dotato di scarse risorse patrimoniali resta un fatto del tutto indifferente ai fini della permanenza del diritto all’assegno: se chi pretende il mantenimento a carico dell’ex coniuge ha costituito nelle more una famiglia propria e se il nuovo sodalizio è assimilabile ad un rapporto coniugale -per comunanza di intenti e di vita- questi dovrà assumersi tutte le responsabilità di una tale scelta, anche a livello economico e non potrà più pretendere di conservare in danno del soggetto originariamente obbligato un diritto i cui presupposti siano ormai venuti meno. (Trib. Bari ordinanza Presidenziale del 04.04.2017)

La S. C. ha statuito che “Il sesto comma dell’art. 5 della legge n. 898 del 1970 non definisce ulteriormente il concetto di “adeguatezza” dei mezzi, in difetto della quale lascia volutamente suscettibili di differenziazione i parametri concreti di valutazione di tale “adeguatezza”, in ragione della variegata possibile evoluzione delle scelte esistenziali degli ex coniugi nella fase successiva alla separazione. Fra i fattori capaci di incidere su tale nozione di “adeguatezza” è suscettibile di acquisire rilievo anche la eventuale convivenza “more uxorio”, la quale, quando si caratterizza per i connotati della stabilità, continuità e regolarità tanto da venire ad assumere i connotati della cosiddetta “famiglia di fatto” (caratterizzata, in quanto tale, dalla libera e stabile condivisione di valori e dei modelli di vita, in essi compresi anche quello economico) fa sì che la valutazione di una tale “adeguatezza” non possa non registrare una tale evoluzione esistenziale, recidendo ogni plausibile connessione con il tenore e con il modello di vita caratterizzante la pregressa fase di convivenza coniugale, ed escludendo – con ciò stesso – ogni presupposto per il riconoscimento, in concreto, dell’assegno divorzile fondato sulla conservazione degli stessi” (v., testualmente, Cass. Civ., Sez. I, 08/08/2003, n. 11975; cfr. anche, ancora più recente, Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 25845/2013).

Ancora più precipuamente i Supremi Giudici hanno ribadito la regola iuris secondo cui “L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. La formazione di una famiglia di fatto è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Sentenza n. 6855 del 03/04/2015 (Rv. 634861).